Ma questa va letta ricordando quanto dicevo del poeta come di un crocefisso. Tanto più che qui, dove comincia il discorso diretto, immagino sia la stessa Poesia a parlare: «Ma io continuo a cantare... Ma io vedo la tenebra splendere... perché io sono il disagio del razionale», ecc. E dunque, qui, il poeta è colui che vede con gli occhi del fulmine, nell'attimo sconvolgente della folgore. Allora si scoprono le nervature del mondo; e tutto quello che normalmente appare non c'è più. Allora appunto siamo di fronte alla realtà più misteriosa. Solo che a cantarla sembra un assurdo. La lucidità poetica non è del mondo logico. E, quando è vera poesia, è un dovere chiedersi in cosa consista la sua diversità dalla profezia.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988” )