IL MIO AMORE FERITO

13/03/2025

In tempo elettorale si possono pubblicare anche poesie pessime. E nessun politico mi può rimproverare, dopo i discorsi che fa; e neanche il pubblico lo può, se è così drogato da non accorgersi di quanto ci prendono in giro: dal telegiornale ad esempio, e dalla stampa e anche d'altrove, soprattutto dall'organizzazione «giuridico-civile» del nostro Stato... Ma è tutta l'Europa così, e così l'America. Ecco, per adesso, mi interessa l'occidente. (E peggio per la Cina se anche la Cina ormai si fa occidentale.)
      Ma non vorrei cadere in un qualunquismo; tanto meno di tipo fascista. Voglio credere che sia impossibile tornare ad essere così stupidi come eravamo. E però, neppure del qualunquismo dei nostri quotidiani maggiori, così indignati contro «la mala»: come se le rapine fossero un fatto distinto da tutto il resto (o non fossero, semmai, un fatto rivelatore di quanto resta di sotto e nascosto).
         Non voglio neppure giustificarmi a base di cronaca nera. Sento che ormai l'Europa non ha più nulla da dire; o che non riesce a dire più nulla. Noi tecnici delle torture e dei genocidi, noi il continente di rapaci, l'isola dei ricchi dentro un oceano di miseria! E però questo non è che l'aspetto esteriore e più superficiale della mia denuncia. Il mio amore ferito è l'uomo, la morte dell'uomo; e la mia chiesa è ugualmente colpevole! Non a caso mi rifaccio ai testi biblici, alla evocazione del roveto «che arde e non si consuma»; alla massima evangelica che uno «se vuole ritrovare la sua anima, bisogna che la perda». Sono comunque momenti molti lunghi della mia vicenda: fanno parte del periodo del mio esilio, del mio tempo di peregrino in giro per il mondo; ricordi ancora di Johannesburg dopo aver visto i negri uscire dalle miniere di diamanti. Chi ha visto quelle cose mi può comprendere meglio, e anche perdonare.
 
                                  (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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