CREDERE È ENTRARE IN CONFLITTO

09/12/2024

Forse è orgoglio rifarci alle pagine più infocate della divina rivelazione? Se orgoglio c'è, è pagato a usura: ad esempio, con l'amarezza che poi non succede niente, che non cambia niente, e tu, al confronto, ti scopri come sempre un verme o qualcosa di simile. E poi, anche nel mondo non succede niente; anzi, perfino nella chiesa tutto è spento, tutto senza «spirito santo e fuoco». Senza l'angelo della resurrezione o del giudizio; senza voce che venga da nessun roveto ecc. ecc. E allora a me personalmente esplodono spontanei e irrefrenabili questi sfoghi. Povere cose del vivere quotidiano di un prete schiacciato dalla divina visione. Appunto, una lotta continua con l'Angelo nella notte: come Giacobbe; (Dio mi perdoni!), l'uomo che deve ancora passare dall'incoscienza alla coscienza di una storia più grande di lui, l'uomo non ancora entrato nella morsa di Dio; Giacobbe prima usurpatore di una primogenitura a danno del fratello e dopo, al di là di ogni sua vigliaccheria, fatto padre delle nuove tribù. Proprio da quella notte in poi egli porterà questo nome per sempre: «Israele, perché ha lottato con Dio».
    E dunque al di là di ogni paragone, tutto questo è vero, per ogni credente. Credere è entrare in conflitto... Anche se poi tu non ti trovi più a camminare per gli spazi deserti e selvaggi d'oriente; anche se davanti a te non bruciano più i tramonti dell'Oreb e sul tuo capo pesa invece il cielo di caligine delle nostre città. E Dio è un anonimo (più che uno sconosciuto), perso come un barbone nell'intrico delle nostre giungle d'asfalto. E tu devi comunque trovare da solo una tua salvezza. Ecco, pure questo documento è un'ricordo del mio esilio, quando una sera a Londra rientravo al mio convento per Oxford Street nell'ora di punta (cosa è la «rush hour» in Oxford Street!); e in convento i frati meditavano sulla famosa notte di Giacobbe.
 
                                   (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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