Ritorna pure,
mio antico amore
o morte, come
al tempo assoluto,
ai giorni di fuoco
della giovinezza!
Attraverso i tuoi occhi
mi dilettavo a guardare
e per lunghe sere conversavamo
su ciò che più vale
nella mia cella di frate,
da questa frontiera sul mondo:
tu dalla sedia vuota
io dall'altra parte del banco
a preparare i giorni
per la grande battaglia.
Neppure oggi dire saprei
chi fosse la maggiore nemica:
se tu, imbattibile morte,
o la vita ancora più insidiosa
e sempre sfuggente o muta,
oppure sfacciata
come donna da conio.
Vieni e siedi ancora
ma in amicizia, ché ora
non ho conti da esigere
né progetti superbi avanzo:
ho pagato molto mi pare,
ho creduto col sangue
ho consumato le mie scelte costose,
la colonna delle entrate
è pari forse alla colonna
delle uscite, e lo zero
è la somma finale:
bene è dunque
essere raggiunto
su questa linea
di povertà estrema.
Semmai lasciami i pochi
amici rimasti, i pochi
che hanno resistito agli urti
implacabili, o che sono
per i tuoi insindacabili calcoli
sopravvissuti:
ormai ci muoviamo
tra cimiteri e deserto,
altro non sono
queste città.
Una cosa vorrei: che tu,
sempre cantata da me
con gonfio cuore,
non mi cogliessi
come cane da qualche
autostrada, oppure
mi lasciassi inconscio
per lunghi anni,
inutile peso agli amici
(già da sani noti si comunica!)
— le inesplorabili isole,
queste isole,
di crudeli solitudini
che sono i sopravvissuti a se stessi,
i rifiutati persino da te, o morte! —
Io ti amai, o presenza
divina, a volte
da me scambiata
con la stessa vita,
invocata con salmi
celebrata con inni e pianti.
Incontro ti venni
a marce forzate:
ma come io
prodigo ti fui
tu sii almeno generosa.
Vorrei prevenirti,
dispormi all'incontro,
dirti un giorno
serenamente: eccomi,
vengo! Riscattare
la tua stessa fama, o morte,
ora troppo disonorata,
certo del sistema
il più squallido frutto:
non più naturale
morte, divino
angelo liberatore.
Come mio padre vorrei
partire, lui che disse
«figlio, io non muoio più»;
e poi si disse in perfetto
latino, lui uomo
dei campi, l'offertorio dei morti.
Se a tanto riuscisse la nostra
amicizia, sarebbe
la miglior battaglia che vinco:
per ridarti la tua perduta
dignità, o morte.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)