Non più disperate preghiere

08/07/2024

Dalla spirale in pietra, la torre,
ora mia casa e mio rifugio,
vedo il mondo amico offrirsi
— costellazione umana — la notte.
La notte non più temuta,
la notte propizia al colloquio
calmo con l’Iddio che mi ama.
 
Non più uno stato di guerra,
non più le giovanili disperazioni
o l'urto con la città che inseguivo
come una donna bella ma ostile.
Non più l'aspra e diffidente e oscura
condanna di chi rappresenta il pontefice
e non capiva il mio amore.
 
Lunghi anni io vissi senza madre e patria
e non un lume che rischiarasse
il cammino verso la terra promessa:
mia chiesa, unico paese!...
 
Oh le amare intese del tuo gesto
e le falsificazioni della Parola
invece così dolce e chiara!
Era carne della mia carne e sangue
che spargevo all’alba sulle porte.
 
Questo, solo questo io volevo:
con le mie mani abbracciar l'universo.
Ora finalmente basta un inchino
sulla creazione che si apre alla Luce
uguale alle origini.
 
E non v'è contrasto con questo mare
d'alberi e le case e le strade
ove le macchine si diramano come rose.
E queste vigne che saluto all'autunno
selve di bandiere sulla collina.
 
Non più fughe impossibili!
Oh, fratelli, più non piangete,
è nulla quanto è accaduto,
quanto insieme abbiamo sofferto
per questo dono inatteso.
 
È venuto un uomo di nome Giovarmi,
e questa era la sua casa
queste le sue strade e il suo paese;
questa la sua antica gente che sperava
senza sapere che sperasse e cosa.
E questa, ove sono, è la montagna santa.
 
Dunque, se pure oggi i cinque monasteri
sono diroccati, e molta gente
è partita inurbata, e altra
vita fermenta laggiù dalle metropoli
e tutto l'umano genere cerca pace,
è possibile la pace e la speranza.
 
Così la preghiera non fu vana
e nulla sì è perduto:
non le attese dei morti anonimi,
non il gemito dei «condannati a morte».
 
La terra, o contadino,
non ha tradito: né alcuno
ancor può dire cosa maturi
la terra domani.
 
Fedele è lo Spirito una volta disceso
e non più risalito: ed era
il medesimo Spirito che si librava
sugli abissi e divideva
le acque dalle acque
e ornava i cieli.
 
E dunque non preghiamo più
disperate preghiere.

               (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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