UBI VENIT PLENITUDO

22/05/2023

Roma, le donne tue ondeggiano
per piazza Spagna e via Veneto
fra tavolini galleggianti e il bianco
dei camerieri e sguardi
e chiazze di profumi:
un pavese solo di colori
dentro l'incantato fiume,
— ondeggiano in fiamme, a ghirlande!
Anche il cielo voluttuoso divampa
e grondano desideri alberi e pietre.
Da colonne infrante, da corpi
mozzi d'imperatori e vestali
cola sangue: le nuvole a fasci
di rose ornano i colli quando
e sole e rovine e palazzi
sono polvere d'oro a sera.
Dal foro la notte sospirano
fantasmi sotto la grande luna.
Immortale prodigio dalle cupole i Santi
impetrano in faticosa ascesa
pietà dal Dio.
Teatro sono le strade
alla processione del Corpus Domini
sparpagliato per tutta la città.
E certo Egli qui rinasce
ogni giorno non visto,
forse in qualche troglodita, dal tufo,
ai bordi dell'immenso carnevale.
Qui dunque maggiore è il dovere di vivere
qui ove crocifissa o turgida
c'è terra e terra
e spiga e spiga dalla vasta
campagna intorno per la molteplice
fame e abbondanza di vino
forte a celebrare amori.
Pure questo è un miracolo.
Per la via Appia
ancora vanno gli amanti
a intrecciarsi fra tomba e tomba
fiori cresciuti dalle ceneri
presenze di favola
a inconsumabili tramonti.
Il miracolo è del fiore che porta
in sé vita e morte come
profumo la corolla e le radici
veleno. Miracolo e dono
è di continuare a credere
come Cristo ugualmente
tiene sede nel cuore della gente
e la gente è felice della città più sua
una città sicura e amata,
Roma, capitale di Dio fatto carne.
 
         (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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