Giorni chiari, sereni e notti d'argento,
il fiume è una fascia di perle tra il bosco e i campi:
già odora la terra di sangue e pane.
Alle betulle bianche e agli olmi in fila
primavera appende ormai
i suoi ricchi pavesi di verde.
Sono arrivati gli uccelli dal Sud,
schiamazzano dal primo mattino
in cima al melo ai tigli al pino e fanno
un dondolio flessuoso di rami.
Le rondini frecciano in giostra pazza
intorno alla chiesa rapita
e sui nastri bianchi dei ruscelli
in mezzo al grano. Dalle finestre
i monaci gettano chicchi di riso
e mollica di pane ai passeri
e molti vengono ai davanzali
e guardano dentro le celle candide
come veli di spose.
Miei cari, finalmente anch'io so benedire:
la passione di Cristo più non rechi paura.
Questo è giovedì santo : mi pare sentirLo
tossire nell'orto e certo risuda
sangue, ma almeno le piante
e queste creature semplici sono
a lui infallibili amiche. Quest'anno
gli ulivi daranno un olio più dolce
e le mucche un latte più bianco.
È possibile, amici, sentirci almeno un giorno,
un giovedì di passione, pienamente felici.
Il vecchio dolore, le rinunce antiche,
- sanguinanti le mani, il costato, domani
per nuove pressure e ferite -
i distacchi violenti di ieri
dalla madre e dai volti amati:
per questo mistero di vita
lucente di Pasque non solo umane
ma di selve di acque di fiori,
tutto può essere mutato in gioia tranquilla
e il cuore fiorisce di sangue nuovo.
Allora, fratelli e alberi, con me salutate
il sole che ritorna sulla grande valle.
Fringuelli, allodole, portate in giro il mio canto:
al mattino una comune speranza fra noi
accenda mani e voci; in pieno meriggio
la fede avvolga anima e pietre;
a sera, lungo i raggi obliqui del sole
sia dispiegato Amore
sulle facciate delle case
su tutta la pianura:
e noi, vestiti a festa, andiamo per le strade
a narrare i dolci, pacati ricordi
della lunga giornata,
nella divina verità che ogni cosa compone.
Commuove sapere che il bosco
cerca la stessa pace
e ogni errore può venir perdonato.
Così almeno un giorno piangiamo
ma non di dolore. O Dio,
sangue mio dolce e caro,
perdona la lunga misconoscenza,
reticolato alla nostra solitudine
che impediva la fonte del canto.
Alberi e stelle, aiutate a chieder perdono.
Domani è il giorno del colle che sanguina:
uccelli, volate sulla croce
a cantare per noi intorno al capo di Dio.
Noi siamo un fiume solo
e se uno ha peccato
tutti siamo feriti.
Invece il cielo gli agnelli i prati
sempre fedeli a compiere lo stesso mistero
inesauribile di riti novelli.
È Dio che in essi fiorisce,
si espande, dilaga
e poi ritorna a fiorire.
Dove sarà mai paradiso
fuori di questa unione divenuta cosciente?
Questo solo è peccato,
origine di ogni altro errare:
il non aver saputo che la terra è di Dio.
Ed egli è nel cuore delle cerve
e sotto le ali delle rondini.
Allora, o creature innocenti, pure voi
aiutatelo a chiedere perdono.
Schäftlarn, Settimana Santa 1953
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)