ITINERARIO

20/04/2023

                                                                      Revelatio divinorum non nisi in
                                                                          occulto percipitur.      
                                                                                      S. Bonaventura, Iti n. V
Parlo a te, Signore: da anni ormai
vado spargendo a fasci parole appassite,
ogni evento con gioia e pianti di fanciullo
corsi a narrarti ai piedi degli altari.
 
Sempre il silenzio sfilava adagio le sillabe
come scoiattolo in meridiana pace al bosco
sgrana beato le pigne. Vedevo
i pensieri miei salire e volteggiare
sul capo de' santi in cerchi di luce,
oppure in bolle iridate svanire
nel buio degli archi gotici
finendo ognuno in goccia di pianto
sulle mani vuote.
 
Oh, le attese al colloquio impossibile!
Le tue labbra sigillate sono la lapide
sulla mia preghiera. Ti parlo, ti parlo,
Signore, e tu non rispondi. Perché?
Sarà un monologo ancor disperato
queste confidenze a te solo aperte
uguali a primule nella notte?
 
Mi si allarga tra le dita la particola muta
in oceano di candore; una cortina di seta
pare ti veli appena a lo sguardo mio.
Allora mi sento ancora più ferito:
so, con certezza, di possederti e invece
cresce a dismisura il plumbeo silenzio.
Allora mi perdo solo nello spazio illimite
quasi fossi rapito in vetta ad alta montagna,
o, per eguale senso, precipitassi al centro
della terra. E ti parlo, ti parlo. Signore.
 
Allora mi prende la danza dei gesti assurdi
e bacio le pietre, la patena, il libro
delle tue parole;  a volte, disteso al suolo,
il corpo si fonde in unica realtà con la terra.
E paure e speranza m'invadono che tu parli
e insieme non parli; e sempre
frangendo il pane sgomento m'assale
di veder sangue colare sui lini.
 
E poi i fanciulli, le mani degli uomini
mi destano, a volte, a improvvise e beate vertigini
quasi stringessi la tua mano e scorgessi
Te finalmente nell'abisso dei loro occhi.
E subito mi obnubilano altre paure
al limite di peccaminose magie.
Dentro vi sento la stretta della terra
che ancor mi seduce e il riflesso di queste
architetture e di questi colori e di questo
cielo che ci fa prigionieri.
 
Ancora natura, ovvero miracolose forme
dell'arte o seduzione dei sensi miei,
seduzione del giorno! Alla fine,
i giorni stessi muoiono alla memoria
(la voce perfino di mia madre più non ricordo!)
e nube di lana si stende a velare
ogni nome col rumore della città
che cede esausta alla vasta notte.
 
Dunque è impossibile ogni colloquio, Signore?
o tu parli con altri suoni?
o sei tu queste nostre parole?
 
Ogni voce è solitaria come quella del vento
che si porta dietro il coro delle selve
o l'urlo degli uccelli notturni,
ma poi finisce esangue in oscuro mare.
E se un'eco mi giunge dalla riva lontana
è quella ancora delle scogliere
che continuano a lacerare il vento.
 
         (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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