IO FACCIO AMARA ANCHE LA TUA MORTE

17/04/2023

                                                                   Friuli - inverno 1954
Mamma, hai la bocca piena di terra.
Radici ora ramificano dagli occhi
dal cuore che ci offriva il pane in silenzio.
E tremavi tutta per la nostra pena
di fanciulli ormai adulti,
di fanciulli ancora soli e poveri.
La casa è deserta d'allora,
la corte tutta un disordine e nulla
è mutato dell'esistenza avara.
 
Mamma, ora neppure Iddio mi risponde,
Egli s'è chiuso dietro un portone di bronzo
cui picchio, soprattutto di notte,
ma nessuno viene a consolare
questo tuo ultimo figlio.
Solo il vento fischia e cavalca
su tutta la pianura.
 
Ho lasciato il gregge: ricordi
la pecora segnata di bianco in fronte,
la pecora vissuta con noi tanti anni,
la madre di tutti gli agnelli
che sapeva il tuo passo lieve
e ti chiamava con la voce di una creatura
e ti guardava con occhi così dolci
quando la mungevi a sera.
E io ero felice come una rondine
di ritorno dai campi col gregge sazio.
 
Ho lasciato i nostri campi, mamma,
quella pianura vasta e taciturna
dal colore dei tuoi capelli
biondi come le vigne all'autunno.
Ho lasciato i compagni sul sagrato
a rincorrersi e la chiesa bianca:
ricordi quel giorno triste di settembre,
tu mi salutavi dietro la porta e dicevi;
figlio, noi siamo poveri,
è un'avventura troppo grande!
È un'avventura troppo grande. Madre!
E il cielo non risparmia nessuno
e gli uomini non perdonano ai sacerdoti.
 
Ora torno dal deserto di mezza Europa
nella casa immensa. (Allora
ci pareva un nido di passeri.)
E mi pesi ancora sulle braccia
a nero vestita e serena.
 
D'allora mi pesi ogni giorno sulla patena
insieme a Cristo, mia dolce rovina,
come forse noi ti pesavamo nel grembo.
Prima tu piangevi sulla nostra sorte,
ora io faccio amara anche la tua morte.
 
         (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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