Siamo composti con brani di morti
uguali a città
rifatte da macerie di secoli.
Allora al comune bivacco eravamo
tutti disperati e volevamo
morire per sentirci più vivi.
Abbiamo ricostruito i ponti e le strade,
rialzate le case in trincee d'assalto
nel campo minato della città.
Non questo certo era l'augurio!
La nuova parola è stata uccisa
dal piombo sulle bocche squarciate.
Una mediazione invocavano morendo
tra l'avvenimento grande e la sorte di ognuno,
l'avvento attendevano dell'uomo umile.
Ma noi rimpiangemmo le vecchie catene
come il popolo ambiva nel deserto
l'ossequio al re per le sicure ghiande:
non vogliamo Ìl rischio di essere liberi,
il peso di dover decidere da noi
e l'amore di farci poveri.
Da sotterra urlano i morti
e per le strade vanno
come nell'ora dell'agonia di Cristo.
Per le strade vagano i fratelli
senza casa, liberi
d'ogni ragione d'essere morti.
La notte è simile al giorno
il bene al male s'eguaglia,
spoglio quale una pianura d'inverno.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)