Creature, se ora è vietato appartenerci
nessuna condanna accresca il peso
della divina fatica: ugualmente
il sorriso veli la gaudiosa pena.
Io riprenderò il cammino di viandante
senza casa e di comporre
tenterò una prece per ogni
finestra ove arda un lume
e un'ombra sia china alle imposte
in attesa del miracolo
che ora non può succedere.
Cosi andiamo ognuno a nascondere
nella consolante notte
Il nostro violato pudore
per aver pianto
di quanto ci fa simili a dei.
Ora non abbiamo che mani
per gettare fiori al di là della siepe
e voce a cantare la nostra impotenza.
All'Amato soltanto
è dato di compiere il dono
d'essere cibo e corpo.
***
Oh, se per grazia un giorno
si avvererà la mia brama,
creature mie, allora non riderete
di questa tenerezza imperiosa:
come Dio vi porterei sulle braccia.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)