E non ho ucciso
per essere solo(la solitudine mia
fu purulento tumulto di foce
a cui s’aggruma la feccia
di fracide alghe).
Urlando
per sopraffare l’assurdo silenzio
che m’inseguiva
dalle selve fuggii
a costruire città.
Non ho ucciso
per gelosia di Iddio:
verso Lui nell’offrirgli primizie
la faccia tenevo
ostinatamente
in seno.
Non perché vedessi
le fiere lanciarsi su fiere; ricordo,
tutto era placido ancora,
sommerso in pace profonda
come vergine in sonno.
Avevano ancora
un sorriso innocente
le cose.
Mi sono annerite d’un tratto
le vene, un misterioso essere
danzava in me.
Fu rotto alfine
l’atroce equilibrio. Silenzio
delle cose dell’anima rotto
alfine
da Caino.
E d’allora
scavai con le mani la fossa
ma senza morire:
là dentro m’insegue l’immane
ruggito di tutti i ricordi:
ora io cerco l’infinito silenzio,
e attendo che dentro mi getti
Qualcuno.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988” – pag. 30-32)