Prodigio aspro acconsentire, Signore.
Primavera porta fioritura di carne
e tu inchiodato e nudo
sotto il sole che arde.
Poi dire a noi stessi
che l'attesa è migliore,
quanto più ingiustificata
dura. — M'esalta
una pena che non so, un incanto
tiene accesa la stessa carne.
Ma gli occhi tuoi sono chiusi
nel sangue, la bocca
sigillata come la pietra d'altare
che devo al mattino lambire,
mio primo bacio d'ogni giorno
inaudito, remoto...
E pure la terra odia o ama,
e pure i mondi si cercano
per il possesso reciproco;
il cipresso l'acqua il sole
rivelano la creazione perenne.
Io invece a rappresentarti
in solitudine astrale,
a segnare la fine
di questa natura incessante
nel tuo spazio infinito;
in sopra-natura deserta,
ove i sensi giacciono infranti
come il lichene inaridito sul colle
davanti alla tua morte...
Inesorabile Voce m'ha chiamato
all'adorazione dovuta
onde la creazione, non io,
sia risparmiata e benedetta.
Uguale al grande figlio
e fratello che porta sul legno
il peso del mondo,
la morte che annulla
il gioco necessario.
Ora all'abbraccio impossibile
come a Lui è sottratta
anche la madre:
sì che le mani pendono,
rami senza verde.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)