Mi spreme invidia di tua sorte, Gesù,
come torchio sanguinante in nuova vendemmia;
questa è la mia settimana santa:
un tino colmo di uve fuori stagione.
Decisa è la pressura dei legni,
geme la vite, cigola il frantoio,
ma non mi è dato ancora morire.
Tu invece ucciso, giovane.
Un doppio gito di stagione,
un messaggio breve:
«Beato chi ha fame e sete,
beato colui che si perde...»
ti ha consegnato subito morte.
Noi siamo obbligati a vivere
e nessuno beve del nostro vino.
Ci hanno esiliati, ma non crocefissi;
lo strettoio hanno innalzato
in mezzo al campo,
ma nessuno ha voluto le nostre carni.
Cosa, Signore, ci resta ancora
onde conquistar la tua morte?
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)