Io non vidi fra tante dimore
pareti sì candide
e in giusta misura di luce
le linee piegarsi docili
e l'atrio sorridere
agli augurali segni di Zodiaco.
Svariano colori in abiti nuziali
e compongono amore sulle porte
sui divani sulle anfore...
e poi il mare a tutte le finestre.
Non giorni solari o notti di luna io chiedo,
non giardini di gerani sul colle,
non questa casa fra palme e mimose
che mi apra ad ogni fuga le porte.
Non tanto, non questo a me,
uguale a quel fico d'India
irsuto, giù dai gradini,
o al groviglio impenetrabile
d'agavi senza fiore.
Non amici, non musiche cerco.
La gioia io chiedo e grido,
assenza d'ogni paura, la gioia
fontana cui si dissetano le colombe:
come noi nell'infanzia
quando mangiavamo il pane.
Fanciulla chiara,
occhi dei meli e delle fonti,
figlia del mattino del mondo
uccisa dal nostro rifiuto.
(E intanto chiamo invano i fiori per nome
ed offro il volto sconfitto
al sole obliquo sul mare
dalla deserta panchina di pietra.)
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)