Vergine, come si inarcavano sul tuo capo
i cieli e si posava sopra le tue mani
l'ombra degli uccelli quando
Tu stavi alla fontana? Come
ti attraversavano le primavere e gli autunni?
O, forse, nulla ti apparteneva di noi
di questa sorda delusione
che è nostro pane di maledetti,
sostanza di giorni sempre affamati.
Forse Tu non attendevi alcuno,
Tu non avevi cercato
mai nulla alla terra;
non sapevi il nostro desiderio
e così hai potuto generare, intatta,
Chi già ti riempiva
come un lago colmo.
E non eri Tu a guardare la pianura
e le vigne; esse, incantate
fiorivano ai tuoi piedi.
E il giorno per te non aveva
la figura di una prora oscura
sul ciglio dell'abisso,
confine a un domani senza volto,
a un giorno che potrebbe non sorgere.
Il tuo era una fiaba, la strofa
di un racconto in cui Tu eri Regina;
una ad una le ore scendevano
dalla torre dell’Eterno
in un sussurro che Tu neppure avvertivi.
Per noi invece la sorpresa
dei rintocchi lugubri; per noi
la paura che non passino e la paura
che passino. E la tua notte
non era notte: non era
finestra aperta su alcun mistero,
e nemmeno presagio di quiete.
Eri Tu il mistero, la radiosa Notte
che racchiudeva il Giorno,
che avrebbe rivestito di carne la Luce,
e dato un suono al Silenzio.
Tu non guardavi mai fuori.
Di fuori per te la pietra
era pietra, l'albero albero
e la voce dell'usignolo era
come acqua chiara. Ma dentro Tu eri
una riviera spalancata sull'oceano.
O Vergine, integra essenza della nostra
turbata immagine, segnale d'approdo agli evi,
alle strade di tutta la terra; Madre,
pietà per la torbida gioia mia
di sentirmi diverso, per la condizione
non voluta d'esserti sfondo,
muraglia d'ombre al tuo chiarore
e al sole di tuo Figlio.
Perdona il disperato amore
che mi spinge di notte in notte,
onde, pur senza abbandoni,
io amo creature; e a vicenda
ci conclamiamo immortali
con la morte sulle braccia,
con musiche senza eco in cuore.
Perdona questi giri violenti
del sangue e l'arsura dei fiumi
nell'alta estate; a noi
che sappiamo dapprima il frutto
delle nostre mietiture.
Ecco, Vergine, Tu non avevi
la nostra meraviglia, lo scompiglio
dei fili che si rompono, quando da noi,
e non d'alcun angelo, scopriamo
la parola cercata, il segno
preciso al miracolo.
L'averti Egli abitata
ti ha dato una sola direzione;
mentre se il nostro sangue
è capace d'imboccare la strada
di una casta concupiscenza,
pure allora, forse, tutto
può essere perduto.
Vergine, o armonia libera,
semplicità agognata e impossibile.
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)