PARADISO MAI A SUFFICIENZA PERDUTO

24/01/2022

Oh, quanto Sant’Ilario mi somiglia!
Le sue strade uguali a torrenti di sole
tra la marina e il monte,
arrampicate, tortuose
tra orti e ville
e in mezzo a case di povera gente.
 
E ulivi trasparenti e miti,
e aranceti come boschi
di filugelli ormai chiusi
nei loro nidi di seta.
E le mimose che attendono
l’ora d’amore
E poi un ciuffo di cipressi
in solitudine regale
stendardi al piccolo cimitero.
 
(Ma la mia immagine è l’agave,
l’albero dell’agave spuntato
dopo anni d’attesa:
− misteriosa pianta, puntuta,
muta e senza cura,
qual era il giorno segnato,
l’ora della tua sorte
per quel lungo tuo stelo
che somiglia a una croce fiorita? –
Ed ora declina, marcisce:
non un giorno di vita, più
dopo il fiore.)
 
Oh, come attendo di fuggire
anche da Sant’Ilario!
Restare è sentirmi
troppo scoperto nel sole.
Mentre il mare giù si rovescia
contro gli scogli;
e, dentro, il sangue mio si spezza
contro una roccia
ancora più arida e dura.
 
E più giù, appena celato
dietro lo sperone, Portofino
e poi Rapallo e Santa Margherita,
sospettati come in un sogno.
 
Così, a portata di mano
i giardini terrestri,
le case incantate e la musica
delle sirene sulla spiaggia selvaggia.
Così, ai miei fianchi ossuti,
avanzi d’un paradiso
mai a sufficienza perduto.
 
               (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988”)
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