ESPERIENZE

02/08/2021

Ricordo nel buio degli anni la folgore che mi rischiarò la «mia non esistenza». Ero sdraiato sul letto un pomeriggio a fantasticare, quando mi parve di aver «bucato» l'universo: non esistevo più! Ricordo che addirittura cercavo di aggrapparmi al letto, ma non perché fossi svenuto: semplicemente non c'ero, non esistevo. Ero nullificato, ero niente: un morto! Neppure un morto. Non so come dire, forse non si riesce a dire. Che sia questo il vero stato dell'Io? La sua più propria condizione ontologica? Da qui penso che nasca la mistica del Nulla, la sensazione dell'Assoluta Vanità. (La parola vanità è senza fondo). Per essa ogni discorso sull'esistenza è aperto a tutte le contraddizioni: tutto si può dire, e il contrario di tutto: appunto, è il «buco nero» da cui avrebbe avuto origine il mondo. E Dio? Anche la teologia nasce da qui: se non altro la teologia del «non -sappiamo -nulla».
 
Tu sei la Necessità assoluta
- così ho cantato da sempre - oltre il corpo
oltre i sensi, senza figura o immagine
oltre il simbolo, perciò vana
presenza, o vano è cercarti:
no, nemmeno Teresa
nel suo furore ti ha mai
baciato sulle labbra, nemmeno
ti ha mai toccato il lembo
del tuo mantello:
tutti inviluppi che ci esiliano
l'uno dall'altro. Ma tu sei
contro la stessa paura che non sia.
Tu sei per il fatto stesso che ti si nega.
Se non ci fossi, superflua sarebbe anche la negazione.
 
Così, umili fratelli, inquieti cercatori
alla vostra inquietudine
sacrifico con gioia la mia stessa fede
e condividiamo il pane amaro
delle nostre solitudini:
 
solo è Lui stesso nel suo plumbeo essere
e soli noi nel nostro divorante Nulla.
 
La grazia che ci viene dal Cristo:
«nessuno l'ha mai visto». Egli, egli solo
ce lo ha rivelato: «e noi la sua gloria»...
 
                    ( da "Nel lucido buio")
[«nemmeno Teresa»: si riferisce alla mistica spagnola Teresa d'Avila (1515-1582) .]
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